Comune di San Nicolo d'Arcidano nel Campidano in Provincia di Oristano Sardegna
Questo paese di circa 3800 abitanti, situato su un altipiano trachitico a 373 m sul livello del mare, si estende in lunghezza: caratterizzato da tortuose stradine, presenta un’architettura a metà strada tra pianura e montagna.
Il territorio del paese (la Brabaxianna) è caratterizzato da monti solitari e selvaggi e da un susseguirsi di gole, rupi e pareti rocciose.
Il nome Samugheo deriva forse da San Migueu, toponimo che riporta al passato di questo territorio: la zona è stata abitata sin dal III millennio a.C. e per tutto il periodo nuragico e punico; fu poi romanizzata anche a causa della vicinanza a Forum Traianum (Fordongianus) come testimoniano i ritrovamenti del periodo repubblicano ed imperiale.
Evidenti sono le tracce della dominazione bizantina nelle usanze religiose e nei nomi di varie chiese, così come nel suggestivo e leggendario Castello di Medusa.
Il territorio fece parte della curatoria del Mandrolisai, nel giudicato di Arborea; subì poi il dominio Aragonese e successivamente la colonizzazione spagnola, la cui influenza è ancora individuabile nella lingua, nell’architettura e nelle consuetudini.
Il paese nella sua struttura odierna è sorto verso la fine del 1500, quasi certamente durante l'occupazione spagnola, in seguito alla riunione dei vari insediamenti esistenti fin dall'epoca romana.
In passato la comunità cittadina era divisa in quattro rioni che tentavano di mantenere la loro “diversità”, contribuendo così a conservare le tradizioni.
Nell'ultimo decennio vi si è fortemente sviluppato l'artigianato caratteristico locale, in particolare la tessitura di splendidi tappeti, coperte e bisacce (da vedere la Mostra dell'Artigianato che si tiene ad agosto).
Chiesa di San Basilio
Situata nei dintorni dell’abitato verso oriente, la chiesa del santo guaritore Basilio è una chiesetta campestre ad unica navata risalente al secolo XVI.
I lati sono rinforzati da contrafforti e sulla facciata si apre un rosone di forma circolare.
In onore del Santo, dal 1603 si celebra la tradizionale sagra.
Chiesa di Santa Maria
La chiesa campestre di S. Maria di Abasassa, edificata su un’altura nel 1480 sui ruderi di un tempio dedicato a Cibele, venne abbandonata per lungo tempo e poi ricostruita nel 1931 per volontà di alcuni soldati che sciolsero un voto al rientro dalla guerra.
Nel 1935 la chiesa parrocchiale fu di nuovo interamente intonacata e dipinta.
Chiesa di San Sebastiano
La parrocchiale di San Sebastiano, risalente al 1580, si trova al centro del paese: dopo le numerose modifiche subite nel corso dei secoli si presenta in stile tardo-gotico, con campanile a canna quadra (edificato nel 1699) e presbiterio del XVIII sec., con due bellissimi altari delle cappelle laterali.
L’interno conserva, oltre agli altari lignei policromi intagliati del '700, il simulacro della Madonna del Popolo, eseguito nel 1602 dallo scultore Scipione Aprile e un bell'organo risalente al 1898.
La chiesa ha subito numerosi restauri: gli ultimi in ordine di tempo (1986 e 1991) hanno interessato oltre agli interni, la facciata, gli intonaci esterni e il tetto.
Castello Medusa
Costruzione edificata in più fasi, si trova fra due montagne nella valle che si apre nei pressi del rio Araxisi.
Si tratta in realtà di un “castelliere”, cioè di un colle terrazzato inaccessibile da tre lati e perciò di facile difesa.
Le sue mura racchiudono un’area di circa 540 m2 con l’interno caratterizzato da ambienti rettangolari di diverse dimensioni, forse locali adibiti al ricovero di animali e di uomini.
Il castello, che fu restaurato dai giudici di Arborea intorno al X-XII secolo, è al centro di molte leggende.
Una di queste racconta di un bandito di nome Francesco Perseu che, capitato nel castello nel 1844, scoprì un ambiente pieno di monete d’oro e di oggetti preziosi. In seguito, essendo stato imprigionato, chiese la grazia in cambio del suo segreto ma non riuscì più a ritrovare l’accesso alle sale del tesoro.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che questa struttura esistesse già in epoca romana e avesse la funzione di prigione per gli schiavi delle vicine miniere di piombo argentifero. La località è straordinariamente affascinante per l'aspetto selvaggio dell'ambiente circostante.
Nuraghe Perda Arrubia
Si erge in località Puddargiu su un poggio che domina la valle del riu Noedde: è un nuraghe monotorre circolare del diametro di 12 m, con la porta a sezione trapezoidale sormontata da un architrave alleggerita da uno spiraglio rettangolare.
L'andito retrostante la porta riceve, a 2 metri dalla porta esterna, le aperture della scala e della garitta. Intorno alla camera a tholos si dispongono in croce non regolare tre nicchie; il paramento in granito è irregolare con l'ordinamento a filari discontinuo. Anche la struttura delle pareti a tholos non è regolare: le pietre sono più grosse alla base e più piccole alla sommità.
Nella parte elevata della torre si trovava originariamente un paramento in pietre di trachite rossa e grigiastra accuratamente levigate. A sud-est del nuraghe si trovano i resti di una tomba dei giganti coeva alla torre, avente una lunghezza esterna di circa 20 metri. All'estremità del "dromos" si vedono ancora gli enormi lastroni di copertura del soffitto mentre nel corridoio si trovano le pietre delle fiancate, alcune di forma subquadrata ed altre simili a quelle adoperate nel vicino nuraghe.
Nuraghe Istùi
Questo è un nuraghe atipico, riconducibile alla categoria dei nuraghi a corridoio che gli studi più recenti riportano al nuragico arcaico.
Di forma trapezoidale, con il lato corto (sul quale si apre l'ingresso) leggermente curvo, la struttura in blocchi poliedrici di granito di grandi dimensioni poggia e si addossa alla roccia naturale. All'interno è ricavato un corridoio piattabandato che si svolge sinuosamente verso nord, in direzione di un secondo ingresso oggi ostruito dai crolli. Al centro del corridoio si trova una celletta di forma circolare che conserva una cupola embrionale.
Mulino ad acqua
Le origini dei mulini idraulici sono antichissime: secondo le fonti storiche si diffusero in tutta Europa intorno ai secoli XI e XII e si ritiene che siano stati introdotti in Sardegna dai monaci che in origine ne erano i proprietari assieme alle signorie laiche, poiché solo essi potevano utilizzare l'acqua.
Dal XIX secolo in poi, con la diffusione della proprietà privata, i mulini idraulici furono gestiti dai proprietari dei fondi.
In Sardegna (in particolare nel centro-nord, più ricco d’acqua) si diffusero i mulini a ruota orizzontale, le più antiche testimonianze dei quali risalgono al I secolo d.C.: questi mulini si adattavano meglio al tipo di terreno, anche se erano più semplici e meno produttivi rispetto ai mulini vitruviani a ruota verticale.
A Samugheo i mulini furono utilizzati fino al 1975, permettendo che ne venisse tramandata sino ai giorni nostri una importante testimonianza. Tutt'oggi è possibile visitarne diversi ancora integri ma la tappa per eccellenza è quella della "gualchiera", ovvero la macchina utilizzata per la follatura delle orbace, situata nella località chiamata "Crakera" ove si trovano anche i resti di un mulino: non a caso il sentiero che vi conduce viene chiamato "caminu de is molinos".
Uno di questi mulini, grazie all'amore del proprietario P.Cossu, è stato ristrutturato recuperando i pezzi originali usati tanti anni fa.
Pala e S’ilighe
Nell’altopiano di Pala e s’Ilighe è stata rinvenuta una fortificazione cartaginese, articolata in una cinta muraria che orla il margine dell’altopiano ed in una serie di strutture fortificate alla sommità dell’altura. Nell’area archeologica si rinvenne un piccolo altare a gola di tipo punico mentre numerose monete puniche furono trovate in località Santa Maria di Abbasassa, presso Pala e s’Ilighe.