Comune di Pompu nel Monte Arci in Provincia di Oristano Sardegna
Piccolo paese di circa 300 abitanti situato a 147 metri di altitudine nel cuore della Marmilla, è raggiungibile dal paese di Siris.
Pur essendo piccolo, è ben conosciuto per il suo curioso nome, infatti quando nel dialetto campidanese si vuole indicare qualcosa situato molto distante dal luogo nel quale ci si trova si dice “esti a pompu”.
Il paese è circondato dalle colline marnose che culminano nel regolare dosso di Monte Futtu, mentre lungo il rio di Pompu in regione Sa Costa è presente un bel bosco di roverelle, lecci e sughere.
Chiesa di San Sebastiano
Nel 1865 San Sebastiano diventò patrono del paese e titolare della parrocchia: dalla vecchia chiesa a lui intitolata, il simulacro venne trasferito nella chiesa di Santa Maria, che fino a quel momento era la patrona di Pompu.
L’attuale parrocchia dedicata a San Sebastiano è una moderna struttura con pronao su pilatis e ampia aula coperta da una struttura in legno. Nella facciata anteriormente alla chiesa si apre un portico con 4 pilastri a sezione rotonda, che immette verso una moderna bussola dalla quale si accede alla navata.
Santuario di Santa Maria
Sulla collinetta alla periferia del paese si trova una chiesa ricostruita nei primi anni del XIX secolo (su una struttura preesistente fin dal XVI secolo), originariamente nota come parrocchia di San Sebastiano e attualmente inagibile. Presto il nome venne cambiato in Santuario di Santa Maria poiché poco distante fu costruita un’altra chiesa, modernissima, intitolata anch’essa a San Sebastiano.
Complesso nuragico di Santu Miali
Nelle campagne del paese, sulla collina di Santu Miali al confine tra i territori di Pompu e Morgongiori, si trova un complesso nuragico che comprende i resti di un nuraghe polilobato e di una decina di capanne racchiusi da una muraglia, cui probabilmente appartiene anche la maestosa tomba a poliandro di "Sa Cart'e sa perda" costruita con blocchi accuratamente lavorati in struttura aggettante.
La tipologia del monumento e la tecnica muraria consentono di ascrivere il complesso al periodo compreso tra il XIV e il XII sec. a.C.
Ad una delle estremità del monumentale sepolcro è stata scavata sulla roccia calcarea (probabilmente in epoca romana) una tomba a cassone conosciuta col nome di "Su Lakk'e Sa Mebi". Nella vicinanze si trovano numerosi resti di ceramiche e di antiche costruzioni.
Il comune stà valorizzando il complesso di Santu Miali, realizzando strutture per accogliere i visitatori, in maniera da sfruttare i beni archeologici per incentivare la crescita della zona: essi infatti possono diventare una fonte economica importante e creare posti di lavoro, offrendo nel contempo al visitatore la possibiltà di fruire al meglio dell’area nonchè di visitare altre aree archeologiche vicine.
La presenza di materiale punico e romano conferma l'utilizzo anche recente dell'importante area archeologica.
Pran'e Domus
Modesto villaggio risalente al periodo romano; nelle vicinanze si trova la necropoli di "Trunk'e su Lensu" in gran parte saccheggiata dai tombaroli.
Nuraghe Su Sensu
Situato al confine del territorio di Pompu e di Siris, su un colle che domina i rii Mogoro e Mannu, il nuraghe presenta una planimetria particolare con tre torri allineate lungo l’asse nord-sud: le torri sono fra loro comunicanti tramite corridoi disposti sullo stesso asse, con un unico ingresso esterno.
Il nuraghe è molto rovinato, ridotto per lo più ad un solo filare di marna calcare in blocchi sub-quadrati; nel terreno intorno all’edificio sono presenti numerosi resti di ossidiana e avanzi di stoviglie del periodo nuragico.
Su Laccu de Su Mebi
Tomba ricavata con grande cura su un’enorme bancone calcareo, a ridosso del quale stà una grandissima tomba a poliandro di età nuragica con conci accuratamente lavorati. Per l’estensione di circa un’ettaro nella zona si trovano abbondanti framenti di vasi di varie dimensioni e materiale di crollo.
Domus de janas: Su Stabi de Luxia Arrabiosa
Modesta tomba ipogeica dal caratteristico ingresso a bocca di forno, costituita da un’unica cella irregolare nella forma e priva di qualsiasi rifinitura.
Probabilmente è stata la tomba di una piccola comunità, che successivamente diventò più numerosa e costruì una nuova tomba più ampia e meglio rifinita nelle vicinanze dell’altra.
Chiesa della Madonna d'Itria
Risalente al '700, presenta sul lato destro un contrafforte.
Museo Archeologico-Etnografico
Nel centro storico del paese, caratterizzato dalla presenza di vie e case realizzate con la tipica pietra locale (basalto) si erge il palazzo Atzori, ora sede del museo Archeologico Etnografico. L'imponente edificio (risalente alla fine del 1700) composto da 14 sale espositive poste su tre livelli, appartenne ad una ricca famiglia di Paulilatino. La fruizione al pubblico dello stabile è consentita dal 22 ottobre 1995.
L'esposizione attuale si articola in una sezione archeologica (in allestimento) ospitata al piano terra e in una ricca sezione etnografica ospitata al primo e secondo piano.
Curiosi gli spioncini situati in diverse zone della casa (anche nel pavimento) per controllare gli ingressi principali. All'interno numerosi sono gli oggetti che testimoniano l'esistenza di una civiltà agro-pastorale del paese: tra essi spiccano cassapanche, abiti, telai, occhiali, costumi sardi, un letto, una culla, gambali, selle e staffe. Oggetti che non sono di proprietà della famiglia Atzori, in quanto alla loro partenza i ricchi possidenti non hanno lasciato nulla nella casa.
La cucina è piccola e veniva adoperata dalla servitù, mentre i proprietari utilizzavano la sala da pranzo.
Su una parete ritroviamo anche una foto del proprietario, il notaio Atzori, che ha esercitato nel corso dell'800. L'abitazione, che sorge in una zona di confine tra il Monte Ferru e il Barigadu, presenta al terzo piano un'ampia terrazza (ora chiusa e coperta) prima destinata ai militari che la utilizzavano come postazione di controllo delle tre vie principali del paese.
Fonte Su Cantaru Mannu
La fontana, costruita nel 1866, è costituita da un monumentale parallellepipedo che serve da basamento per una statua di gusto purista. La statua rappresenta un efebo nudo, con un braccio proteso ad indicare la sorgente che alimenta l’acquedotto.
Santuario nuragico di Santa Cristina
Questa bellissima area, vasta circa 10 ettari, comprende 3 zone di grandissimo interesse, ovvero il santuario nuragico, il villaggio nuragico e il novenario campestre; il tutto immerso in una folta vegetazione di piante d’ulivo e olivastro, con alcuni esemplari aventi un età di qualche millennio.
Le strutture presenti fanno pensare che nella zona vi fosse un agglomerato abitativo piuttosto grande, situato in corrispondenza di un importante nodo viario. Vi si trova una capanna delle riunioni, che pare avesse una funzione federale: al suo interno rimangono un lavacro simbolico e un piccolo altare destinato ai sacrifici di comunione. Presumibilmente la struttura, in forma conica, era coperta da legname.
Sempre all’interno del villaggio nuragico si trova una capanna allungata, datata III-IV sec. d.C., che probabilmente era addibita a magazzino o deposito.
Chiesa di Santa Cristina
Si trova nell'omonima località che prende il nome dalla chiesetta campestre, dedicata alla santa, intorno alla quale sorgono i muristenes (piccole abitazioni di proprietà di famiglie di Paulilatino) che formano un ampio piazzale piacevolmente ombreggiato da rigogliose piante d'olivo. La presenza di una chiesetta appartenente ai monaci camaldolesi di Santa Maria di Bonarcado è documentata fin dal secolo XIII, ma probabilmente la zona ha una frequentazione risalente al periodo bizantino. La costruzione attuale è frutto di numerosi restauri che hanno reso impossibile riconoscere lo stile originario: in particolare la facciata risulta alterata da un intervento novecentesco mentre su un fianco si conservano i contrafforti medioevali.
Nuraghi della zona di Santa Cristina
Nell’area di S. Cristina sono presenti ben 4 nuraghi, disposti nei declivi del pianoro in un raggio di circa 350 metri: uno nord-est, uno ad est, uno a sud-est ed uno a sud. Situati in posizioni nascoste, avevano probabilmente funzioni civili e militari oltre alla funzione sacro-religiosa. Il nuraghe forse più importante è quello monotorre di S.Cristina, integro nella sua struttura interna e risalente all’incirca alla metà del bronzo antico; probabilmente era una postazione di controllo del territorio.
Pozzo sacro di Santa Cristina
Il complesso di Santa Cristina è incentrato attorno al pozzo sacro di sofisticata architettura, chiuso da un recinto di forma ellittica a sua volta contornato da altre costruzioni (fra cui la sala delle riunioni).
La scala di accesso alla tholos sotterranea, sovrastata da un soffitto gradonato, si apre a ventaglio restringendosi gradatamente verso il basso. La tholos è costituita da una muratura in pietre basaltiche finemente lavorate, che nella parte superiore lasciano un foro dal quale entra la luce e l’aria. Attorno al foro, all’esterno, venne costruita un’area circolare chiusa da un recinto con sedili, alla quale si accedeva passando dal vestibolo. Durante il periodo tardo-punico il culto indigeno delle acque venne sostituito con quello delle greche Demetra e Core, che comunque costituiva l’interpretazione punica della religione fertilistica sarda. La stipe del tempietto di Demetra e Core ha restituito numerose kernophoroi, terracotte figurate, ceramiche e balsamari di pasta vitrea. La tecnica architettonica nuragica ha dato vita ad una struttura ogivale a nuraghe rovesciato, composta da pietre basaltiche a forma di T disposte in modo concentrico. La forma a T ha la funzione di scaricare il baricentro nello spessore murario. Sul fondo della scalinata il basamento accoglie l’acqua come fosse un piatto (di circa 2,5 m di diametro) tramite un canale scavato interamente nella roccia. L’acqua, proveniente da una sorgente, ha un livello costante che non supera mai l’altezza di 70 cm per la presenza di un sistema di drenaggio. La funzione del tempio era di luogo dedicato al culto delle acque, un culto di reminescenza neolitica, di purificazione e iniziazione. Un’altra funzione pare collegata alla teoria astronomica: esso infatti ha l’ingresso rivolto al sorgere del sole, e l’altezza e l’inclinazione dei gradini è costante per fare in modo che l’acqua fosse completamente illuminata solo in coincidenza col giorno dell’equinozio: in tale giorno si verificava un fenomeno di rifrazione completa.
Un altro fenomeno si verificava ogni 18 anni e mezzo, quando la luna piena al suo passaggio illuminava completamente il fondo del pozzo: pare infatti che la collocazione dei gradini non sia casuale ma il risultato di precisi calcoli astronomici.
Nuraghe Lugherras
Dal paese si prende la strada per Bonarcado, la si percorre per 3 km, quindi si svolta sulla destra in una stradina di campagna non asfaltata che si percorrerà per circa 2 km: sulla sinistra, nelle immediate vicinanze della strada, si trova il nuraghe.
È uno dei più imponenti della zona, situato a dominio del piano verso sud: la sua importanza strategica è evidenziata dalla complessità della struttura, oltre che dalla sua utilizzazione come fortilizio sino all’epoca punica.
Comprende un mastio databile intorno al 1000 a.C. e un bastione trilobato (IX-VII sec. a.C.) che include un cortile difeso da una torretta (aggiunta nel VII VI sec. a.C. insieme ad una cortina con quattro torri angolari).
Tra la fine del sec.VI e l’inizio del V la fortezza fu smantellata dai Cartaginesi, e fino a tarda epoca imperiale venne utilizzata come sacello punico e romano dedicato a una divinità agreste.
Negli scavi fu rinvenuto parecchio materiale di varie epoche, tra cui numerosi ex voto fittili (specialmente lucerne o lugherras, da cui il nome del nuraghe), statuette di divinità, monete di bronzo e d’argento puniche e romane.
Nuraghe Perdosu
Nei pressi di questo nuraghe, del tipo a corridoio della prima fase, si trova una tomba dei giganti in struttura poliedrica in origine forse priva di stele.
Nuraghe Oschina
Tomba di Giganti di Muraguada
Edificio funerario di tipo nuragico, molto simile alla tomba di giganti di Sa domu‘e s’Orcu di Siddi. La camera a sezione ogivale è lunga m 4,5 ed è contenuta in un corridoio lungo poco più di 10 m, fornito di esedra nella parte anteriore.
L’edificio è raggiungibile seguendo la vecchia strada (che corre parallela alla 131) che da Paulilatino conduce a Bauladu: si procede per circa 5 km fino a raggiungere una tortuosa strada sulla sinistra per poi percorrerla in salita per circa 900 metri. Raggiunto un passaggio a livello si percorrono altri 200 metri sulla destra camminando parallelamente alla linea ferroviaria: il monumento è a pochi metri dai binari sulla sinistra.
Tombe di giganti di Goronna
Si tratta di due tombe di giganti costruite nei pressi di una struttura megalitica, probabilmente uno pseudo-nuraghe. La più grande ed interessante è lunga 24,6 m ed è di tipo dolmenico-ortostatico: mostra un corpo rettangolare absidato nella parte posteriore e un’esedra a semicerchio nella parte anteriore, al centro della quale si apre un piccolo portello che immetteva in un corridoio capace di accogliere qualche centinaio di cadaveri. Al centro dell’emiciclo, evidenziato da enormi blocchi di trachite basaltica (probabili simboli divini), si trova una robusta stele centinata monolitica, spezzata in corrispondenza della lunetta superiore. L’arredo funerario consisteva in elementi di pietra e terracotta, caratteristici della Cultura di Bonnanaro II.